7 osservazioni su Zart

Zart è un breve brano, in un solo movimento, per orchestra classica (2ob, 2cn, archi), nato da una commissione dell’Orchestra Musica Rara in occasione del 250° di Mozart.

 

In Zart si esplora l’idea di “delicatezza” in musica; la delicatezza come leggerezza e come distacco. La delicatezza che vive nel pudore, nella prudenza, nella frivolezza, nella meraviglia, nella paura e nella morte.

 

Zart contiene due citazioni. La prima è dall’offertorium del Requiem di Mozart (lunga progressione degli archi in sedicesimi su “ne absorbeat eas tartarus, ne cadant in obscurum”). La seconda é da un corale di Bach (lo stesso citato da Berg nel concerto per violino): “Es ist genug”. Tali citazioni non ammiccano ad un programma occulto e non vogliono attirare l’attenzione su qualche significato in particolare.


Zart si articola in due momenti distinti: un prima e un dopo. L’evento cardine che trasforma il prima nel dopo è l’intervento dei corni, che interrompono il discorso in maniera lapidaria. Ciò che distingue il dopo dal prima è la presenza dei fiati.  I fiati portano un elemento nuovo (la melodia) che inizialmente si innesta sul flusso musicale senza farsi contaminare, ma cambiandone totalmente il significato.

 

Una delle sfide più interessanti per un compositore che si avvicini all’orchestra classica è l’uso dei corni naturali. I corni naturali possono emettere solo i suoni armonici (cioè di frequenza multipla rispetto ad una frequenza fondamentale). In un brano moderno, essi agiscono come uno straordinario magnete che tende continuamente a far rientrare in uno stretto ambito tonale ogni guizzo, ogni eversione. In Zart i corni compaiono a metà del brano, e con la loro azione magnetica catalizzano un processo di decomposizione e di irrigidimento della materia sonora che provoca l’abbandono di ogni anelito al lirismo. Tale processo si compie nell’epilogo. L’epilogo sta a ciò che lo precede, così come un esoscheletro trasparente, formalmente perfetto sta all’insetto vivace che lo ha preceduto.

 

Zart è un pezzo dove domina l’armonia.

Quale armonia può dominare in un pezzo dei nostri giorni?

In un pezzo contemporaneo, può rappresentarsi l’armonia sofferente che è passata attraverso la coscienza di se stessa; l’armonia che sa di non poter più rappresentare la “perfezione delle Sfere”; l’armonia che deve continuamente lottare per mantenere se stessa.

Come si traduce, in concreto, questa sofferenza?

Si traduce in una continua lotta tra eventi orizzontali fortemente caratterizzati, frasi musicali che nascono l’una dall’altra, ma che tendono subito ad assumere una personalità propria, in conflitto con il tutto. La dimensione di questa lotta è il piano verticale (della simultaneità). Il piano verticale vuol far continuamente tornare i conti, mentre i singoli canti soggettivi si ribellano.

E come finisce questa lotta?

Finisce con un evento catartico, un episodio “calato dall’alto” che irrompe subito dopo il canto “Es ist genug”, e con i suoi nove pesanti rintocchi ci costringe ad uscire dai ruoli, come quando durante una partita a Monopoli, ci accorgiamo che stiamo discutendo animatamente per dei pezzi di carta e ridiamo di noi stessi. Ne consegue un epilogo di pochi secondi in cui, sorprendentemente, in un flash, tutti gli eventi precedenti convivono, cristallizzati, deprivati di ogni anelito alla soggettività.

 

Scrivendo Zart mi sono ispirato a Mozart, ma il mio tributo a Mozart non va cercato nella citazione dell’offertorium, bensì nell’atteggiamento spregiudicato e disinibito che ho cercato di assumere nel comporre, suscitato in me dall’osservazione e dall’analisi delle partiture mozartiane. I temi Mozartiani sono raramente complessi; sovente sono semplici e lapidari, al limite dell’infantilismo. Mozart ama prendere questi temi “infantili” e sottoporli ad uno sviluppo vorticoso, incontenibile e psichedelico. In questo sta, a mio avviso, la sua spregiudicatezza. E’ questa una cosa che stupisce chiunque si accosti ad una sua partitura. Per fare un esempio a portata di mano, pensiamo al rondò del concerto in Sol per violino. Il tema è assai semplice, il fraseggio decisamente regolare, edificato su frasi di otto misure e la struttura cristallina, perlomeno fino alla brusca interruzione di misura 251. Poi succede qualcosa di straordinario, di atipico: senza alcun collegamento formale con ciò che precede, si insinua nella trama del rondò un tema struggente, estremamente melodico, su basso ostinato con andamento tipicamente barocco. E cosa ancor più sorprendente, questo inserto di tredici misure, viene lasciato così com’è, senza sviluppo; abbandonato per passare ad altro, come se un pensiero fugace avesse attraversato la mente del compositore per poi evaporare delicatamente. Ma non finisce qui: alla fugace, malinconica apparizione ne segue un’altra piena di brio di chiara ispirazione popolare; anche questa lasciata a se stessa. Poi, come niente fosse stato, si riprende il discorso interrotto.

Vorrei dire che lo spirito che ha dominato Mozart nella sua creatività è lo spirito dell’equilibrio tra libertà e forma; quello spirito che permette di agire in maniera totalmente libera, perché conforma la propria libertà alla Necessità. Il mio tributo a Mozart va dunque cercato nella mia accorata “invocazione” a tale spirito durante la scrittura di Zart.

                                                                            Vanni Moretto